ETB

Pavillon ‘faro.La’ . 
Parque de la escultura en arquitectura . San doná di piave.


photos: Nicola Di Pietro . courtesy of ETB Arquitectos . video

UN’ESPERIENZA BAROCCA di Alberto Altini
1992 _Tutto comincia con una “Scultura per Gioco”.
Siamo nella periferia industriale di San Donà di Piave, in un’area di nessuno, destinata a verde e parcheggi di lottizzazione;
l’immaginazione e la volontà di un imprenditore visionario la trasformano “inventandola” come parco: il Parco della Scultura in Architettura.
Questo spazio di risulta, disegnato da due strade e delimitato visivamente dal terrapieno del fiume Piave, diventa un’occasione di progetto. Viene così sottratto un piccolo lembo di terra alla città diffusa, ai chilometri di banali edifici industriali e ridonato, nuovo, alla città. Da spazio dimenticato, diviene luogo d’incontro, da spazio inutile si converte in luogo d’esperienza, da discarica di macerie, quello che stava diventando, si trasforma in un serbatoio di idee.




Pochi segni costruiscono il nuovo paesaggio, un piano verde, filari di pioppi cipressini piantati in prospettiva accelerata e la prima scultura, una “Scultura per Gioco” di Bruno Munari. Nel tempo il parco si arricchisce di nuovi episodi, ogni anno un architetto risponde regalando al parco una nuova scultura. E’ una pausa il piccolo parco, una pausa nel caos di segni e rumori. Attraversandolo si disvela, ci tramanda le sue storie e ci confida le sue verità.
2008_ atterra Faro_la.
Un braccio meccanico solleva la scultura di corten, e la posiziona all’inizio di uno dei filari di pioppi a ridosso del limite del parco. Era stata concepita per essere collocata all’interno della quinta alberata, nel punto di snodo tra le due prospettive accelerate. All’ultimo il committente decide per un nuovo posizionamento consigliato dalla notte: la luce che la illumina dall’interno ne trasfigura le dure pareti traforate trasformandole come in una fragile carta di riso. Il parco avrà una sentinella notturna. E’ un’intuizione saggia, forse anche le sue frequentazioni con l’arte contemporanea, hanno suggerito il cambio di posizione che non ha fatto altro che segnare l’inizio di ciò che era cominciato molti anni prima. Il “menhir” , infatti, si assume il ruolo di albero fondativo, come ora, alla luce della nuova posizione, lo definiscono i giovani architetti, primo “albero” del filare di pioppi. La stele, conficcata nella terra, si erge fiera e con un atto di torsione sembra voglia entrare tra filari di “colonne verdi”. Questo movimento fa scaturire una forte tensione. Faro_la si protende in avanti e ci indica di sperimentare, di entrare nella prospettiva di alberi che si chiude, risucchiata, nell’edificio di A. Siza, lo showroom, tuttora cantiere, dell’azienda dell’ideatore del parco.
Le richieste del committente sono state molto chiare: il materiale deve essere il corten, la dimensione non deve superare i 4,5 mt. d’altezza, la posizione all’interno del filare di alberi, il costo di esecuzione e montaggio massimo 5000 euro. E una richiesta in più, sicuramente la più feconda: deve permettere una sorta di passaggio. Faro_la risente fortemente delle pressioni del parco, della sua storia e della volontà di stabilire, come in una specie di tributo, delle sottili relazioni con Siza, Rossi, Lewitt. La modellazione della scultura raccoglie tutte queste suggestioni costruendosi attorno ad una sorta di equilibrio instabile. Apparentemente è solida e statica, in realtà ad ogni nostro piccolo movimento comincia a cambiare, a trasformarsi. Appare come in una sorta di movimento smorzato, una di torsione trattenuta.
Sicuramente nel momento del cambio di posizione i progettisti si sono sentiti di tradire il loro modo di concepire questo oggetto nato da un attento mettersi in ascolto di ciò che li circondava, del dialogo serrato con il luogo nella sua dimensione geografica e temporale. Credo si siano convinti che la scultura abbia fatto memoria di questo dialogo e nella nuova posizione abbia trovato una ragione di essere ancora più convincente. Ma l’aspetto più spettacolare, e per me più interessante dell’operazione, è il ventre della scultura. E’ possibile entrarvi solo in poche occasioni per motivi di sicurezza, ma è all’interno che si manifesta tutta la sua carica di senso. C’è una relazione, inconscia con un’altra scultura che più silenziosa giace nel parco: “L’infinito è un quadrato senza angoli” di A. Fronzoni, 2003 : 4 barre di acciaio corten, sollevate da terra, che ci portano in un’altra dimensione, delimitano uno spazio che non possono chiudere: tentano di costruire l’infinito.
E’ questo che accade quando entriamo dentro Faro_la: si tenta di catturare l’infinito. Per questa impresa la scultura è stata concepita con estremo rigore. Si presenta come un poliedro, di 10 facce: due basi parallele, la superiore più piccola, traslata e ruotata, chiuse da 8 triangoli. 5 facce sono traforate con un motivo triangolare e la composizione si articola in due modi diversi. In due facce il foro triangolare si ripete a fasce regolari con la stessa dimensione mentre nelle restanti il foro triangolare sempre disposto in fasce regolari aumenta di dimensione dal basso verso l’alto. E’ stata impressa un’accelarazione al solido, una sorta di tensione verso il cielo. Man mano che si procede verso l’alto la percentuale di superficie forata aumenta ottenendo l’effetto di leggerezza e parziale trasparenza ricercati. Ma è nel ventre che tutta questa disciplina geometrica mette in moto il caleidoscopio. La forma, le bucature ossessivamente ripetute, la torsione accelerata dalla rastremazione tutto contribuisce a meravigliare e farci percepire un senso di smarrimento. Luci e ombre si moltiplicano, i giochi prospettici costruiscono l’illusione dell’infinito che si manifesta nella ripetizione ritmica dei triangoli. E’ stata costruita una perfetta macchina barocca.

Localización: Parque de la Escultura en Arquitectura.
San Doná di Piave. Venezia.
Cliente: Asociación cultural ARCH+ART
Arquitecto: ETB Arquitectos.
(Tessari & Bandiera Arquitectos)
Fecha: Proyecto: 2008
Obra: Septiembre 2009
Fotos: Nicola Di Pietro
Artículo: Alberto Altini




0 comentarios :

Publicar un comentario