Josep Llinàs

Museo Diocesano . Milano


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Il luogo del progetto si è generato da una distruzione arbitraria, risultato di un bombardamento della Seconda Guerra Mondiale, che ha aperto un vuoto di grandi dimensioni su Corso di Porta Ticinese e, al contempo, ha provocato la scomparsa di un lato del chiostro del Museo Diocesano.













Come risultato di questa “arbitrarietà” si produce una connessione , in un certo modo smisurata e senza scala urbana, tra la strada e il parco delle Basiliche. La connessione, opportuna da un punto di vista funzionale, risulta però priva di quelle caratteristiche di scala che articolano il passaggio tra le dimensioni del tessuto urbano e quelle del tessuto vegetale del parco.
Di fronte a questa situazione che, secondo noi, è il problema principale del progetto, l’opzione immediata che abbiamo provato nelle proposte iniziali fu di utilizzare il progetto per “ricostruire” (volumetricamente) lo stato originale: con due conseguenze "indesiderate".
La prima era ostacolare e ridurre, costruendo nuovamente il limite della strada, l’attuale connessione con il parco, attualmente tanto apprezzata dai cittadini; la seconda era che queste volumetrie, oggetto della ricostruzione virtuale, sarebbero stati volumi ciechi, senza apertura significative, come generalmente l’uso delle sale espositive richiede; tale assenza di finestre negava la relazione visiva tra lo spazio pubblico della città e le facciate che la strutturano, col risultato che sarebbe scomparso una degli attributi che arricchiscono la singolarità del tessuto urbano: la tensione tra il chiudere per proteggersi e l'aprire per comunicare.
Abbiamo provato così a fare il contrario: portare il tessuto verde del parco fino alla strada e collocare la massa costruita al di sotto della quota stradale, in modo tale che fossero gli elementi propri del parco (nel nostro caso siepi di cipresso), quelii che a configuravano la proposta.
Da questa prova abbiamo dedotto che la soluzione funzionale del progetto doveva svilupparsi in un piano interrato ed attuare in superficie con strumenti a meta' strada tra gli elementi che chiudono lo spazio (pareti e tetti) e quelli che soltanto lo qualificano e proteggono (vegetazione e alberi).
Solo coprire sarebbe l’opzione tra questi due poli e in questa direzione abbiamo sviluppato la nostra proposta definitiva:
Il progetto propone una copertura assolutamente indipendente per morfologia e materiali dalle costruzioni limitrofe, che si limita a coprire, guidare e proteggere i percorsi urbani che connettono la strada, il parco e il museo.
L'adozione di una trama geometrica e strutturale romboidale permette di adattare, come una fisarmonica, la copertura alle differenti dimensioni dei passaggi e permette allo stesso tempo di non entrare in “terreni paludosi” che instaurino relazioni di competitività tra il linguaggio architettonico del chiostro e quello della proposta progettuale.
Infine abbiamo deciso di intervenire sul chiostro per dare luce e uscita alla pianta -1, in modo da assicurare luce e benessere agli ambienti di passaggio del piano interrato. Abbiamo pensato, inoltre, che la grande scalinata che collega i due livelli del chiostro, possa dar luogo a momenti di pausa e di relazione con l'esterno, complementari rispetto alla sola visita delle sale espositive.

Componenti del gruppo
Capogruppo
Arch. Josep Llinàs Carmona
Ing. Carlo Valagussa

Consulenti
Ing. Gilles Clément
Dott. Giovanni Valagussa
Ing. Giulio Boati

Collaboratori
Arch. Andrea Tissino
Arch. Pedro Puertas
Arch. Pablo Twose


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